mercoledì 6 maggio 2015

Gradita vista di un gruppo UTE

Un gruppo di studenti dell'Università della Terza Età di Bollate, guidati dal Dott. Giovanni Rigiroli che conduce il corso "Alberi nel loro ambiente" è stato accolto e accompagnato per una visita all'Oasi del Caloggio.

Durante l'escursione abbiamo scattato qualche foto che pubblichiamo qui.

 L'arrivo 

Siamo al ponticello d'ingresso dell'oasi in via Caloggio a Bollate. Il terreno è ricoperto da petali di robinia e semi di olmo che subito vengono analizzati.


Maurizio Minora fornisce qualche spiegazione sull'origine dell'oasi che è nata nel 1993 e che quindi compie 21 anni. 



Il bosco nuovo

Si percorre il sentiero lungo il Nirone, fiancheggiando il bosco nuovo che ha appunto 21 anni.
Si osservano olmi, prugnoli, ligustri, farnie, cornioli, sanguinelle, ecc. Nel bosco nuovo, che Maurizio chiama "il rimboschimento",  sono stati piantati solo alberi rigorosamente autoctoni.

Questi alberi sono ormnai ben sviluppati e si fatica a cogliere dalle chiome la differenza fra bosco nuovo e vecchio. Questa differenza invece si nota a livello del suolo, sia per la sua consitenza del terriccio che per le piante che popolano il sottobosco. Le più pregiate, come pervinche, campanellini, anemoni, sigilli di salomone, ecc. crescono solo nel bosco vecchio, dove evidentemetne trovano una maggiore quantità di humus. 

Una cimince se ne stà su una foglia di edera (o acero campestre?)



Su una foglia di olmo (Ulmus minor) si nota una strana escrescenza, provocata probabilmente dalla presenza qualche insetto. 


Il bosco vecchio

Si attraversa il bosco vecchio. Qui alcune piante presistevano all'oasi. Il terreno, seppure quasi completamente disboscato durante la guerra, non è mai stato coltivato.

Nel giro di poche decine di metri il sottobosco cambia completmente aspetto. Una zona è a carici, un'altra piena di rovi e un'altra ancora coperta da un tappeto di pervinche (Vinca minor). Qui rimane ancora fiorita un unica pervinca, mentre le silvie (Anemone nemorosa) sono ormai già tutte in seme. 
   



Nell'oasi sono presenti dei tassi e degli agrifogli che durante l'inverno sono le uninche piante a fonire riparo all'avifauna.

Su un agrifoglio (Ilex aquifolium) si notano dei piccoli fiori.



Il prato umido


Frassino maggiore (Fraxinus excelsior)


Frutti del frassino maggiore

L'acero campestre (Acer campestre) si riconosce dalla disamare aperte a 180°
oltre che dalle foglie piccole

Il cappello del prete deve il suo nome alla forma dei frutti. In questo
frutto, seppure immaturo, si comincia a delineare la forma caratteristica. 
Molti cappelli del prete sono infestati da un bruco (Yponomeuta)

Qui l'Yponomeuta si è insediato su un biancospino.


Il prato della panchina

Si osservano le piante che fanno corona al prato, fra cui uno spin cervino. Un ramo di farnia è stato piegato dalla neve e forse, come reazione alla situazione critica, è fiorito. 



Infiorescenze della farnia

La robinia, pianta esotica presente nell'oasi solo
nelle zone laterali, è in piena fioritura

Sulla via del ritorno

Superato il prato e imboccata la via del ritorno qualcuno si accorge di una rosa fiorita fra i rami alti di un gelso dove si arrampicata alla ricerca delle luce.

L'oasi riserva spesso piccole sorprese agli osservatori più attenti e pazienti, come lo sono stati gli studenti dell'UTE. I volontari ringraziano loro e il loro docente.


Rosa sp.

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